Riviera del Gigante: guida pratica alla costa abruzzese nelle 7 città sorelle tra Adriatico e Gran Sasso

Cosa non perdere lungo un itinerario ideale, in un territorio per lo più collinare dai paesaggi scenografici, sospeso tra una costa ininterrotta e la montagna, che vanta una storia millenaria, riserve naturali, borghi antichi, torri costiere di avvistamento, sapori tipici e leggende

di LAURA DE BENEDETTI
27 maggio 2025
La Riviera del Gigante: il Gran Sasso, ovvero il gigante maestoso e protettivo, la scenografica zona collinare intermedia, ricca di vigneti, calanchi, borghi, la lunghissima fascia costiera

La Riviera del Gigante: il Gran Sasso, ovvero il gigante maestoso e protettivo, la scenografica zona collinare intermedia, ricca di vigneti, calanchi, borghi, la lunghissima fascia costiera

Sette comuni affacciati sull’Adriatico e legati dalla presenza imponente del Gran Sasso compongono la Riviera del Gigante, in Abruzzo, denominazione recente che sottolinea l’identità condivisa di un territorio abruzzese sospeso tra mare e montagna. Il “Gigante” è appunto il Gran Sasso, massiccio montuoso che raggiunge i 3mila metri, visibile anche dalla costa. Così come, sciando sulle sue pendici, è possibile scorgere il mare, in un paesaggio che sintetizza in pochi chilometri le due anime dell’Abruzzo.

I comuni della Riviera del GiganteMartinsicuro, Alba Adriatica, Tortoreto, Giulianova, Roseto degli Abruzzi, Pineto e Silvi – sono collegati tra loro da frequenti servizi ferroviari e da linee di bus extraurbani, a testimonianza di un territorio ben connesso e facilmente esplorabile. Il Cammino dell’Adriatico, del resto, itinerario ciclopedonale lungo 130 chilometri da Martinsicuro a Vasto, offre la possibilità di attraversare tutta la Riviera del Gigante e oltre, a piedi o in bicicletta.

Il paesaggio si distingue anche per i suoi vini, tra cui il Montepulciano d’Abruzzo, vitigno simbolo che affianca, per nome e nobiltà, il più celebre toscano. Non mancano le suggestioni mitologiche legate alla Maiella, montagna madre (Maia) che secondo la leggenda si sarebbe distesa accanto al Gran Sasso, che simboleggia il corpo del gigante Hermes, suo figlio, ormai morto, come a vegliare sul suo riposo.

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La magia della Costa dei Trabocchi: mare, tradizioni e gastronomia

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Ogni località della Riviera racconta una storia a sé. Ecco cosa vedere e cosa fare nelle Terre del Gigante, i piatti tipici, gli oli e i vini da degustare. 

Caliscendi, i ‘trabocchi’ di Giulianova

Uno dei caratteristici Caliscendi lungo il porto di Giulianova, meta dei turisti
Uno dei caratteristici Caliscendi lungo il porto di Giulianova, meta dei turisti

D'Annunzio li chiamava ‘i ragni’. Sono i celebri ‘trabocchi’, palafitte da cui si calavano in mare le reti, risalenti a partire dal XVII secolo, collegate alla costa frastagliata da un ponte. Gli uomini pescavano e le mogli, quando la cesta era piena, salivano sul tetto della costruzione e sventolavano un lembo bianco: era il segnale per chi voleva acquistare il pesce o scambiarlo con prodotti dell’entroterra. La Costa dei Trabocchi si estende da Francavilla a Vasto. Nella Riviera dei Giganti, a Giulianova, lungo un viale del Porto, si trovano edifici simili, i Caliscendi. A differenza dei trabocchi, sono casotte in legno bianco con rifiniture in azzurro realizzate lungo i moli del porto (la costa è bassa e sabbiosa), per pescare verso il mare aperto, con lo stesso sistema di carrucole. Se analoga era la forma e lo scopo d’uso in passato, anche oggi trabocchi e caliscendi hanno la stessa funzione: sono tra le mete turistiche più fotografate. I pittoreschi edifici e le passerelle dei Caliscendi, che si protendono tra le onde a creare dei punti panoramici, sono molto apprezzati dai turisti per catturare qualche immagine dell'antico sistema di pesca, con veduta sulle vongolare del porto, sul nuovo Boat Resort, dove si alloggia in case galleggianti, sul litorale e sullo skyline di Giulianova Alta, la ‘città nuova’ fondata nel 1470-1472 da Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona, duca di Atri e conte di San Flaviano, sulla collina a 70 metri di altezza.

Giulianova la città modello

Al centro il duca di Acquaviva che ha creato Giulianova secondo un innovativo modello urbanistico. La terrazza della casa ducale estiva affacciata sul mare e il sotterraneo in cui veniva conservata l'acqua piovana
Al centro il duca di Acquaviva che ha creato Giulianova secondo un innovativo modello urbanistico. La terrazza della casa ducale estiva affacciata sul mare e il sotterraneo in cui veniva conservata l'acqua piovana

Nel cuore del borgo antico una statua, dove posa col ‘modellino’ del nuovo sistema urbanistico tra le mani, rende omaggio al nobile illuminato. Nella piazzetta su cui si affaccia la chiesa di San Flaviano, si ergono anche i resti della residenza estiva degli Acquaviva, che regnarono su queste terre per 37 generazioni, dal 1200 al 1800: presso l’Osteria Cantine San Flaviano ci sono ancora, oltre ad una veduta panoramica sulla costa giulianovese, un tratto di pavimento originario del palazzo ducale e, al piano di sotto, uno dei due pozzi di riserva d’acqua dei duchi, in grado di alimentare l’intera città in caso di assedio da parte dei Saraceni o dei Dalmati. 

L’acqua miracolosa del santuario mariano

La vasca a mosaico in cui sgorga la fonte miracolosa (nell'angolo in alto a sinistra): i credenti possono entrarci scendendo degli scalini
La vasca a mosaico in cui sgorga la fonte miracolosa (nell'angolo in alto a sinistra): i credenti possono entrarci scendendo degli scalini

Tappa da non perdere a Giulianova Alta (raggiungibile anche dal litorale tramite una scalinata a gradoni), è il Santuario mariano Madonna dello Splendore, eretto sul luogo dove nel 1557 vi fu un’apparizione della Vergine Maria: su un lato del grande piazzale antistante la chiesa un colonnato ricco di mosaici dorati si illumina col sole. Sul lato opposto, tra fiori e piante di un giardino, si scende verso la fonte dove, secondo i cristiani, sgorga un’acqua miracolosa. Per ottenerne i benefici è possibile scendere i pochi gradini e camminare nella vasca decorata con delfini a mosaico. Anche dal Santuario, oggi guidato da 5 monaci, si può godere di un’ampia visuale sul vasto panorama della Riviera del Gigante.

Abruzzo, parchi nel cuore d’Italia

Tra il 1912 e il 1923, due cugini, Benedetto Croce (senatore del Regno d’Italia prima e della Repubblica poi, nato a Pescasseroli, in Abruzzo) ed Erminio Sipari vollero istituire una zona protetta che oggi è il centenario Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise su circa 80mila ettari nelle province di Frosinone, Isernia e L’Aquila. L’obiettivo non era solo proteggere flora e fauna, a partire dall’Orso bruno marsicano (prima presente in tutto l’Appennino centrale ora ridotto ad una 50ina di esemplari, a rischio d’estinzione) che è simbolo del Parco, ma anche le tradizioni umane, come la transumanza.

Altri due parchi vennero istituti in Abruzzo negli anni ‘90: quello della Maiella (il simbolo è il lupo, elemento fondamentale dell'ecosistema, salvato grazie all’Operazione San Francesco, ideata in Abruzzo, che lo rese una specie protetta) e quello del Gran Sasso e dei Monti della Laga (il simbolo è il camoscio), che si sviluppa, tra le altre in provincia di Teramo. Negli stessi anni è stata istituita la riserva dei Calanchi di Atri (famosa per la liquirizia), gestita dal Wwf.

La riserva del Borsacchio

La Riserva del Borsacchio: l'area agreste, la zona dunale fiorita, la spiaggia
La Riserva del Borsacchio: l'area agreste, la zona dunale fiorita, la spiaggia

In particolare nel Teramense, si trovano poi due riserve: quella del Borsacchio e quella del Cerrano. 

A Roseto degli Abruzzi, la città più grande dopo Teramo, il Borsacchio, gestito esclusivamente da volontari, è una preziosa fascia costiera protetta di 2,7 chilometri, la più lunga spiaggia naturale della provincia di Teramo, ormai in gran parte dominata da barriere frangiflutti anti erosione che alterano gli ecosistemi. Vi si trovano i resti dell'edificio che fu, nel 1863, la prima stazione adriatica d’Italia: il senatore Giuseppe De Vincenzi, all'occorrenza, fermava il treno (che andava a 30 all’ora) mettendo sui binari un tavolino con una bottiglia di vino per il ferroviere. Tra il piccolo ex casello e il mare si trova un bosco di lecci, primo ambiente della riserva.

Borsacchio, il colle Magnone e le Tartarughe

Il colle alla spalle della Riserva del Borsacchio
Il colle alla spalle della Riserva del Borsacchio: non essendo abitato e illuminato protegge la costa e le tartarughe, trovando buio, usano la spiaggia per deporre le uova

Poco oltre si trova invece un’area agreste e dunale dove crescono il calice di bacco (calystegia soldanella o fiore delle dune), a tinte viola, il verbasco, dalle proprietà emollienti e antinfiammatorie, usato nelle creme idratanti, dai fiori gialli, e il giglio di mare, il bianco narciso delle spiagge: “Grazie a questi fiori le dune seguono delle fasi di colore come Picasso: prima sono viola, poi gialle, poi bianche – spiega Marco Borgatti presidente del Gruppo volontari Riserva del Borsacchio”.

Due le particolarità per quanto riguarda la fauna: il Fratino, piccolo uccello delle coste, depone qui le uova nella sabbia e le cova. Lo stesso fanno le tartarughe: “Vengono unicamente in questo tratto di mare perché alle spalle della costa, il colle Magnone, che fa parte della riserva, non è abitato e dunque non proietta luci sulla spiaggia, che rimane buia e sicura per le tartarughe” – sottolinea Borgatti.

L'albero monumentale di 700 anni
L'albero monumentale di 700 anni

Ai piedi del colle (dietro il distributore Ip sulla Provinciale, dove si può lasciare l’auto e un sentiero consente di raggiungere la sommità con una passeggiata) si trova un altro ‘gigante’ che non è il Gran Sasso, ma qualcosa di altrettanto imponente: si tratta di un albero monumentale di 700 anni. C’è un’unica radice ma il fusto è così ampio da essere ormai diviso in 4 parti: facendo attenzione vi si può entrare all’interno per sentirsi ‘parte’ di questo antico esemplare. 

La Riserva del Cerrano

La Torre di Cerrano è una delle antiche torri di avvistamento cinquecentesche costiere del Regno di Napoli, sull’Adriatico. Delle 18 torri costruite da Carlo V come sistema di fortificazioni litoranee per l’avvistamento e la difesa dagli attacchi dei Saraceni e Turchi che arrivavano attraverso i Balcani ne sono rimaste 6: tra queste la Torre Carlo V, a Martinsicuro, e la Torre del Cerrano, a Silvi, sono le uniche due pubbliche e dunque visitabili. Quella del Cerrano, che prende nome dall’omonimo corso d’acqua, oggi è un museo immerso nella Riserva naturale a cui la Torre dà il nome: ad essere protetta non è solo la spiaggia: la tutela si estende anche al mare, per cinque miglia. Inoltre la gestione tramite un Consorzio tra enti (i comuni di Silvi e Pineto, la provincia di Teramo e la Regione) consente di fruire di attività turistiche controllate come snorkeling tra i resti dell’antico porto, ora sommerso, campo boe per le imbarcazioni, mezzo miglio blu per i nuotatori, percorsi pedonali attraverso le due pinete costiere, escursioni alla scoperta della duna (anche qui, dove fino al 1950, con la transumanza, venivano portate le pecore a curare le ferite con l’acqua di mare dopo la tosatura, è luogo di riproduzione del frayino) o in mare con sup e canoe, possibilità di dolphin watching per gli amanti della fotografia legate al progetto Life Delfi, visite guidate al Museo del Mare. 

Torre di Carlo V a Martinsicuro

La cinquecentesca Torre di Carlo V, oggi museo
La cinquecentesca Torre di Carlo V, oggi museo

Venne edificata nel 1547 e sulla torre è inciso il nome dell’imperatore Carlo V: è l’edificio più antico di Martinsicuro, la porta di Abruzzo per chi arriva da nord. Si trova in prossimità del fiume Tronto, che all’epoca segnava il confine tra lo Stato pontificio, a Nord, e il Regno di Napoli, a Sud, per cui questa torre, rispetto alle altre, è più possente e decorata, avendo anche una funzione di rappresentanza. Accanto la casa doganale: i dazi non sono una novità odierna. La Torre ospita l'Antiquarium di Martinsicuro, complesso museale che conserva i reperti recuperati dai vicini scavi protostorici e romani, a dimostrazione che la zona, strategica tra il fiume e il mare per lo scambio merci (almeno fino all’avvento della ferrovia), è stata popolata per circa 3600 anni. 

La particolarità è uno scheletro di donna alta 1,65 e per questo ritenuta longobarda: all’epoca la popolazione locale, a partire dagli uomini, aveva un’altezza massima di un metro e mezzo. Secondo lo storico Plinio la zona, già abitata, venne colonizzata da popolazioni dalmate attorno all’VIII secolo d.C. La Torre si trovava a circa 150 metri dal mare, appena oltre l’attuale linea ferroviaria: oggi invece, vi dista 1,5 chilometri.

Martinsicuro e l’Ecomuseo del mare

La ''plancia' all'Ecomuseo del Mare a Martinsicuro
La ''plancia' all'Ecomuseo del Mare a Martinsicuro

Sempre a Martinsicuro, considerata la Porta d’Abruzzo, da vedere c’è l’Ecomuseo (tel. 377 1883700; ecomuseomartinsicuro.it), luogo ideale per famiglie e non solo. Non ci sono solo conchiglie, riproduzioni di barche da pesca (con fondale piatto, per arrivare a riva), immagini in bianco e nero e attrezzi. La guida insegna i nodi da marinaio, quasi uno spettacolo da prestigiatore, e, in una sorta di plancia attrezzata, squadra alla mano, fa vedere come si traccia una rotta sulle carte nautiche. Intanto racconta la vita dei pescatori, degli uomini che cercavano il vento in prossimità dalle valli di fiume che scendono, a pettine, verso la costa e si aprono sul mare. Il carico di lavoro senza fine, però, era quello delle donne: aggiustava le reti, le vele, con gli scarti del pesce preparava il grasso per tirare le barche a riva. Quando arrivava il pescato lo raccoglievano in un telo arrotolato sul capo e lo portavano al mercato. E, naturalmente, dovevano occuparsi dell’intera famiglia e della casa. Gabriele d’Annunzio dedicò la poesia Cerusico di mare a chi solcava il mare per il commercio o la pesca.

Archeologia e il Guerriero d’Abruzzo

Gli scavi archeologici a Villa rustica Le Muracche
Gli scavi archeologici a Villa rustica Le Muracche

Il territorio abruzzese, come buona parte del resto d’Italia, è ricco di reperti storici nel sottosuolo, a testimonianza di antichi insediamenti. Nel 1934 un contadino, zappando la terra, rinvenne l’imponente statua funeraria di 2,10 metri d’altezza, realizzata in pietra locale, di un guerriero, Re Nevio Pompuledio, oggi considerato il reperto archeologico più importante per la conoscenza delle genti italiche preromane. Il Guerriero di Capestrano, come venne chiamato in base al luogo di ritrovamento in provincia de L’Aquila, di recente inserito nel logo della Regione Abruzzo, è esposto nel museo archeologico di Chieti, che ha sede in una elegante villa neoclassica. Ma nella Riviera del Gigante non mancano i siti archeologici. Giulianuova, in epoca romana, era la città principale e sulla costa si susseguivano le ville fino a Martinsicuro. Contattando il Gam (Gruppo Archeologico del Medio Adriatico, [email protected]; 3384191819) è possibile visitarne alcuni tra cui la Villa rustica Le Muracche una villa romana del II secolo a.C. (fino al VI secolo d.C) con annesso impianto produttivo di vino a Tortoreto: all’epoca affacciata sul mare, oggi più arretrata sulle pendici della collina, ma comunque in paese. La particolarità, oltre i pavimenti a mosaico, sono le grandi vasche per la pigiatura delle uve: il liquido tramite canaline nella pavimentazione che terminava con la testa di un leone (una rarità, vista probabilmente in Africa da un legionario), finiva prima in vasche poi in olle seminterrate per la fermentazione. Successivamente gli impianti devono essere stati riconvertiti per la produzione di olio, come dimostrato dalla presenza di noccioli.

Tortoreto Alta nel dipinto in chiesa

La chiesa Madonna della Misericordia a Tortoreto Alta: sullo sfondo lo stesso borgo medioevale
La chiesa Madonna della Misericordia a Tortoreto Alta: sullo sfondo lo stesso borgo medioevale

Oltre alla Torre e all’EcoMuseo, da non perdere è la visita a Tortoreto Alta: si può passeggiare sotto le mura che circondano il nucleo più antico o attraversarlo godendo di panorami da cartolina sulla costa e le dolci e verdi colline. Non mancano locali dove gustare arrosticini e non solo. Dal punto di vista architettonico il fulcro dell’abitato è la Torre dell’orologio (sotto la quale, purtroppo, parcheggiano le auto), in prossimità della quale si trovano anche  la chiesa seicentesca di Sant’Agostino con una pala d’altare di Mattia Preti, e la splendida Madonna della Misericodia, decorata con affreschi di metà del Cinquecento: quello nell’abside ha come sfondo proprio una non comune rappresentazione del borgo.

Silvi, salvata dal fuoco e dall’ingegno

Il Belvedere a Silvi Alta: dalla balconata si vede la costa adriatica a perdita d'occhio
Il Belvedere a Silvi Alta: dalla balconata si vede la costa adriatica a perdita d'occhio

Il Belvedere più spettacolare, però, si trova a Silvi Alta perché, attraversate le brevi e strette vie del nucleo storico, si apre un grande terrazzamento perpendicolare alla linea costiera, da cui sembra di toccare le nuvole. Anche il respiro si apre in un punto fresco e ventilato, il cui difetto, semmai, è non stare tutto in una fotografia: troppo vasto lo scenario. La storia di Silvi è particolare: i temibili Saraceni erano appena sbarcati sulla costa e presto avrebbero attaccato il borgo. Leone, poi divuto eroe e santo, ebbe un’idea: accendere dei fuochi affinché la città sembrasse in preda alle fiamme. Il trucco funzionò e gli attaccanti desistettero. Da allora, ogni ultima domenica di maggio, si svolge la Festa del Ciancialone, grandi fasci di canne vengono legati insieme e alzati verso il cielo come una grande torcia, che viene accesa e arde tutta la notte, in omaggio a San Leone e come rito propiziatorio per un buon raccolto.

Pineto e la pineta dannunziana

Fu Luigi Corrado Filiani a far piantumare negli anni ‘20 del 1900 un’intera pineta (circa 2.000 esemplari di pino domestico, nella località, attorno alla villa di famiglia – oggi museo - nei pressi della stazione denominata appunto Villa Filiani prima (fino al 1924) e Pineto (omaggio alla poesia del D’Annunzio) poi, estendendosi lungo il mare per un tratto di circa 5 chilometri. Oggi la pineta ha una propria attrattiva turistica, anche perché crea una piacevole ‘pausa’ lungo la interminabile ed assolata linea costiera.

Alba Adriatica e la spiaggia d’argento

Il Lungomare Marconi, che si estende per circa 3 chilometri, luogo ideale per ciclopasseggiate, relax sulle panchine delle pinete, gli chalet che offrono ristoro e svago è tra le caratteristiche principali di Alba Adriatica, insieme alla Spiaggia d’Argento, famosa per la sabbia fine e i riflessi ce garantiscono una abbronzatura eccezionale.

La Riviera del Gigante? In bicicletta

Inoltre il pregio della Riviera del Gigante è di essere interamente percorribile in bicicletta (anche oltre i suoi confini) grazie alla pista ciclabile lato mare che si estende senza interruzione, creando un collegamento tra i comuni. E Pineto è uno dei luoghi di maggiore attrattiva, assieme alle riserve naturali e ai tratti di costa più selvaggi, tra dune e canneti, che ancora ‘sopravvivono’, protette rispetto alle file colorate degli ombrelloni e degli stabilimenti balneari che caratterizzano l’Adriatico. Il noleggio di biciclette, in particolare di e-bike elettriche, è sempre più diffuso: senza troppa fatica e in tutta sicurezza si possono percorrere molti chilometri, dal Cerrano fino a Martinsicuro,

La lunga pista ciclabile tra pineta, lidi, spiaggia e dune che collega tutti e sette i comuni della Riviera del Gigante
La lunga pista ciclabile tra pineta, lidi, spiaggia e dune che collega tutti e sette i comuni della Riviera del Gigante

Terre del Gigante, l’enogastronomia

Sull’enogastronomia delle Terre del Gigante c’è molto da dire (e da gustare). I piatti di pesce e molluschi (nel porto di Giulianova ci sono le barche di paranza e le vongolare) non mancano. All’estremo opposto l’arrosticino di carne (o di fegato) di pecora è il richiamo più trendy, servito pressoché ovunque.  Segnaliamo, dunque, solo alcune particolarità e locali tra i tanti.

A Giulianova, come detto, c’è l’Osteria Cantine San Flaviano: tra le specialità il baccalà mantecato e la pescatrice in guazzetto servita in una maxi padella: una volta mangiato il grosso del pesce, col sugo viene condita la pasta. 

Pesce crudo, arrosticini e pescatrice in guazzetto
Pesce crudo, arrosticini e pescatrice in guazzetto

Il ristorante Largo del Mulino, a Tortoreto Alta, consente di gustare bruschette. formaggio fritto, e arrosticini in un ambiente moderno e informale, con grandi vetrate panoramiche. Per le specialità di pesce si può fare un salto alla Vecchia Marina a Roseto degli Abruzzi: pesce crudo, crostacei bolliti, Ascolane di pesce, trancetti di nasello, guazzetto di vongole. Il Palazzo ducale La Montagnola a Corropoli (sempre in provincia di Teramo), costruito come residenza campestre del Duca di Acquaviva a metà del Quattrocento, con le sue splendide sale che girano attorno al cortile interno, dopo il Covid, apre solo per ricevimenti (al secondo piano ci sono anche sette camere) o per gruppi organizzati. Ne vale la pena non solo per i piatti ma anche per lo show cooking, direttamente in sala da pranzo, da parte dello chef Francesco Liguori, magari mentre prepara i ravioli ripieni alla Genovese (carne scottona) con fonduta di pecorino e cannella.

Palazzo ducale La Montagnola a Corropoli, in Val Vibrata (provincia di Teramo) nella Riviera del Gigante
Palazzo ducale La Montagnola a Corropoli, in Val Vibrata (provincia di Teramo) nella Riviera del Gigante

Ambienti ancora più ricercati e raffinati, invece, nel relais Villa Corallo a Sant’Omero di proprietà della famiglia Di Serafino, ristrutturato di recente con 11 suite, spa, una tenuta di 80 ettari, un maneggio, un allevamento di Marchigiana bianca, Maiale nero d’Abruzzo un'azienda bio e un ristorante Zunica 1880, firma di Daniele Zunica che, a malincuore, ha lasciato il locale a Civitella del Tronto dove la famiglia ha svolto la propria attività per 145 anni, danneggiato dal terremoto.

Daniele Zunica (a sinistra) di Zunica 1880 e il suo executive chef Ezio Dezio
Daniele Zunica (a sinistra) di Zunica 1880 e il suo executive chef Ezio Dezzi

Il suo executive chef è l’abruzzese Gianni Dezio e tra i piatti della tradizione spicca senz’altro il Virtù teramane di maggio, in cui gli ortaggi autunnali incontrano quelli primaverili (ma vengono cotti singolarmente, secondo la ricetta tipica locale) e poi serviti coi fiori viola di borraggine. 

Le 'Virtù' teramane di maggio, piatto tipico ancora cucinato nelle case abruzzesi
Le 'Virtù' teramane di maggio, piatto tipico ancora cucinato nelle case abruzzesi

Tra gli oli tipici quello di Torre del Cerrano, tra i vini il Montepulciano d'Abruzzo doc è il più conosciuto e l’unico rosso, dalle cui uve si ricava anche il Cerasuolo rosato. Ci sono poi il Trebbiano, il Passerina, il Montonico e il Pecorino. Tra questi il Parè, Pecorino superiore delle Colline teramane della cantina DiUbaldo (di San Virgilio alla Librata), un vino con l’etichetta di stoffa, omaggio alla tradizione tessile del territorio, il Santapupa Igp di vitigno Montonico, il Fonte Cupa.