Veneto rurale: un viaggio tra vini antichi, chiesette nascoste, formaggi e jazz
Dalla fattoria didattica di Altissimo alla viticoltura 4.0, passando tra i segreti dei palazzi di Feltre e il bosco salvato di Auronzo, nel cuore Unesco delle Dolomiti

La tenuta Terre Grosse
C'è Linda, che dalla tenuta di famiglia nelle colline della Marca Trevigiana ha resuscitato un vino del Seicento ormai dimenticato e oggi lo vende anche in Giappone. C'è Elia, che ad Altissimo, nel Vicentino, ha aperto la sua azienda agricola eroica ai bambini e ai viaggiatori amanti della natura. E c’è Nicolò, che ha trasformato l'antico Palazzo Guarnieri in piazza Maggiore a Feltre nella casa del jazz.
Qui si può venire a suonare, assistere a una jam session, cenare o semplicemente degustare un bicchiere di vino. Sono i volti meno conosciuti del Veneto, che meritano un viaggio o anche una singola tappa nel paesaggio rurale e montano incastonato fra le destinazioni più blasonate e affollate, dalla laguna di Venezia alle spiagge, dalle vette di Cortina al lago di Garda.
La “Natura antica” di Altissimo
Oggi si chiama azienda agricola La Rindola: agli inizi del secolo scorso era la tenuta modello di un famoso industriale, Giacomo Pellizzari, che qui aveva creato anche una colonia estiva per i figli dei suoi operai. Si trova sulla dorsale collinare che divide le valli del Chiampo e dell’Agno, nel piccolo borgo di Campanella, a 700 metri sul livello del mare.

Qui Elia Antoniazzi, laureato in Scienze forestali e ambientali e guida naturalistico ambientale, ha creato un piccolo mondo autosufficiente per la sua famiglia e per i suoi ospiti, dai bambini che frequentano la fattoria didattica fra orti, campi a mais, asinelli e galline, ai turisti del suo piccolo B&B e a chi frequenta la cucina della sorella Noemi. Il vecchio fienile è diventato una sala polifunzionale, dagli otto ettari di terreno escono solo prodotti con certificazione bio, mentre chi ama la natura può scoprire l’offerta “walk to eat”, in veneto “magna e camina”, escursioni nella natura premiate con la specialità della casa: gnocchi di patate o polenta e musso (l’asino).

“Non abbiamo costruito un metro quadrato in più – dice fiero Elia – Abbiamo mantenuto i prati, le coltivazioni bio e il bosco”. La sua è una proposta di viaggio a ritmo lento, per godere del bello e del buono che l’uomo è riuscito a costruire partendo dalla sua terra e dalla sua storia.

E guardando al futuro, grazie alle nuove competenze, alla tecnologia e ai finanziamenti europei della Pac, veicolati dalla Regione Veneto: 1 miliardo e mezzo di euro in tutto, con 83mila domande finanziate e il 93% delle risorse disponibili liquidate. Una parte di queste risorse ha premiato anche questo progetto, sostenendone l’attività ricettiva e agrituristica.
La Latteria di Lentiai, 140 anni di storia

In questa antica latteria del Bellunese si produce con il latte del posto un formaggio dalla ricetta segreta: il Formai del Borgo, oltre a 20 diverse tipologie che vanno dallo yogurt alla panna cotta o alla ricotta, ma soprattutto tanto formaggio da piastra per le numerose sagre della zona.

Il caseificio nasce nel 1884 come latteria privata per volontà di un facoltoso commerciante di Lentiai, Antonio Piccolotto. Dopo la sua morte, viene affidato al figlio Angelo che nel 1906 decide di trasferirlo. Nel 1923 l’azienda viene rilevata da alcuni esponenti della comunità di Lentiai che danno vita ad un autonomo caseificio sociale cooperativistico, lavorando il latte in comune, con giovani casari, fronteggiando la crisi dell’agricoltura e lo spopolamento della montagna. Fra maggio e giugno sarà protagonista di “Latterie aperte”, venti giorni di visite guidate, degustazioni e pranzi a tema in compagnia di esperti che spiegheranno ai partecipanti i segreti dei profumi e dei sapori del latte.

Le chiesette affrescate di Borgo Valbelluna
Il Comune, bandiera arancione del turismo e tra i Borghi più belli d’Italia, conta 50 frazioni, 35 delle quali custodiscono un tesoro: una chiesetta molto spesso affrescata nel Cinquecento. Vengono aperte al pubblico a turno la domenica o nei giorni festivi per la gioia dei visitatori.

La Chiesetta di Sant’Antonio Abate si trova a Bardies, un tempo frazione del Comune di Mel, oggi Borgo Valbelluna, dopo la fusione avvenuta nel 2019 dei Comuni di Mel, Trichiana e Lentiai, una enclave della diocesi di Vittorio Veneto nel territorio. L’interno della chiesetta è uno scrigno di colori, ricco di affreschi rinascimentali realizzati da tre artisti diversi che raccontano il ciclo di Sant’Antonio Abate. Il più famoso degli artisti è Giovanni da Mel, della scuola del Tiziano. “Marco e Giovanni da Mel e Cesare Vecellio, cugino di Tiziano, hanno affrescato molte chiesette della zona tra Feltre e Belluno”, racconta il vicesindaco Simone Deola. La chiesetta poggia sul sedimento fluviale del vicino torrente Rimonta e le infiltrazioni d’acqua nel tempo hanno causato danni che hanno interessato anche gli affreschi cinquecenteschi. Così, nel corso dei restauri si è scoperto che sotto il livello del muro c’era l’acciottolato originario e che la chiesa in origine stava un metro più in basso, come è possibile vedere ora al termine di tutti i lavori (finanziati con intervento del PSR Veneto), che l’hanno di fatto “dissotterrata”.
Feltre la bella, le fontane e la culla del jazz
Feltre è una delle città murate più suggestive del Veneto. Le vie del centro storico si snodano tra i palazzetti cinquecenteschi dalle facciate affrescate, con bifore e poggioli di foggia rinascimentale che raccontano lo splendore del periodo veneziano.

Fulcro della storia e della vita cittadina è piazza Maggiore, su cui si affaccia il Palazzo della Ragione che ospita il vecchio Teatro de la Sena, ovvero "della scena", palcoscenico su cui mosse i primi passi artistici Carlo Goldoni. Le monumentali Fontane Lombardesche sono tra i simboli della città di Feltre e della piazza stessa. Costruite nel 1486, sono un gioiello di notevole valenza artistico-architettonica ma anche una grande opera idrica, poiché rifornivano d’acqua l’intero territorio. Oggi le fontane lombardesche, restaurate grazie al sostegno dei fondi europei del PSR Veneto per lo sviluppo rurale attraverso un bando promosso dal Gruppo di Azione Locale Prealpi e Dolomiti, non esercitano più la loro funzione di pubblica fonte d’acqua, ma la grande cisterna sul retro è ancora in funzione come riserva idrica per l’impianto antincendio di alcuni edifici pubblici.

A due passi dalle fontane, affacciato sulla piazza, c’è il sorprendente Palazzo Guarnieri, quattrocentesco. Sale affrescate, una scalinata in scaglia rossa, bifore con decorazioni che anticipano lo stile liberty, appartiene alla famiglia Guarnieri, che lo ha fatto diventare patrimonio della comunità, grazie all’Unisono jazz club e alla scuola di musica. Dentro il palazzo che ha ospitato Carlo I d’Asburgo e Agostino Depretis, sale di registrazione e di prova, un salone d’onore per la musica classica e sale auditorium per concerti jazz e blues da maggio a ottobre. E molto spesso il palazzo si trasforma nel set di un film, dai cinepanettoni alle ultime fiction della Rai. “Qui sono venuti quasi tutti – racconta Nicolò Ferrari Bravo, che 27 anni fa ha deciso di tornare alle radici dalla sua residenza a Padova – Con molti musicisti è nato un rapporto di amicizia e si fermano a dormire in queste stanze”.
Il bosco di Auronzo
Dalla tempesta Vaia al bostrico: il bosco sembrava in ginocchio, ma oggi è tornata una splendida area da visitare in un’area turistica unica, tra il lago e lo spettacolare skyline delle Tre Cime di Lavaredo, nel cuore delle Dolomiti patrimonio Unesco.

Qui Comune e Gal hanno avviato un progetto di riabilitazione della montagna per mantenere i servizi e contrastare lo spopolamento attraverso la creazione di alloggi per chi viene a lavorare. “E’ un paese di tremila abitanti che con i turisti sale a trentamila, occorre attrarre forza lavoro anche per migliorare i servizi”, spiega il sindaco Dario Vecellio Galeno. In questo luogo incantato in realtà si lotta ogni giorno, non solo contro lo spopolamento ma anche contro il coleottero che distrugge l’abete rosso. La Magnifica Regola di Villagrande, proprietaria di alcune superfici forestali, anche grazie ai finanziamenti ottenuti dal PSR Veneto, ha realizzato il rinfoltimento delle superfici forestali attaccate dall’infestazione: le piante malate sono state abbattute e sostituite con le nuove essenze arboree più idonee e resilienti come faggio, acero montano e sorbo. Un intervento imponente su un’area di 6,5 ettari e la messa a dimora di 2.600 piantine, tra le quali oggi è bello passeggiare.
La viticoltura 4.0
Tra le colline del Prosecco (in provincia di Treviso) è un fiorire di tenute e agriturismi, come la tenuta Sant’Eufemia, nei colli di Conegliano, dove dormire tra i filari dell’uva, lontano da rumori che non siano quelli dei grilli e delle cicale, e senza televisione in camera. A pochi chilometri da questo paesaggio collinare disegnato dall’uomo e dalla natura, da poco entrato nel Patrimonio dell’Umanità targato Unesco, c’è Zenson di Piave, quartier generale di una famiglia diventata famosa per la capacità di unire storia e futuro in agricoltura. L’azienda del futuro si chiama Cet Electronics: i suoi risultati vengono “testati” nel laboratorio a cielo aperto che è la vicina azienda vitivinicola “Terre Grosse”. Alla guida della prima ci sono i fratelli Denise e Nicola Vicino, laurea in fisica lei, in ingegneria lui. Nei campi e tra i filari c’è anche la cognata Linda.

L’azienda ha messo a punto un sistema che, tramite sensori climatici e un sistema di visione artificiale, aiuta a controllare e regolare l’irrigazione dei terreni in base ai bisogni reali delle piante, evitando così sprechi che rischiano di danneggiare l’ambiente, la salute delle colture, oltre a evitare costi per gli agricoltori. Il progetto si chiama Irrivision ed è stato sostenuto dai fondi europei veicolati dalla Regione. Il suo primo campo di sperimentazione è stato il vigneto di famiglia, dove è possibile anche partecipare a visite guidate. “Un vigneto di 8 ettari, variopinto come una tavolozza, dove convivono piante di otre 70 anni (l’azienda risale al 1931) con altre più giovani, varietà autoctone ormai introvabili, altre internazionali e i moderni vitigni resistenti. Un vigneto coltivato con metodo biologico e con il massimo rispetto dei ritmi della natura”, spiegano Denise, Nicola, Linda e la mamma Nadia. Qui, dove per effetto delle diverse varietà di uva coltivata la vendemmia inizia a fine agosto e termina a novembre, è rinato il Grapariol, bianco frizzante rifermentato in bottiglia, prodotto Igt che l’esperta Linda ha portato in Giappone, dove Terre Grosse esporta diversi vini. “Era molto diffuso nella nostra zona, risale al Seicento ed era vinificato dai contadini per il loro uso: veniva bevuto durante i lavori d’estate nei campi, grazie al grado alcolico molto basso e all’acidità elevata – spiega Linda – Poi è andato scomparendo. Noi l’abbiamo recuperato all’inizio degli anni Duemila nella versione rifermentata in bottiglia”. E oggi piace anche in Oriente.

Formaggio e “sopressa”, souvenir del Veneto rurale
Dai formaggi ai canederli, fino alla “sopressa”, un salume tipico Veneto, prodotto con carne di maiale macinata e stagionata per almeno due mesi. Si scrive con una sola P, a differenza da tutte le altre soppresse. Sono i souvenir del Veneto rurale, spiega l’assessore regionale all’Agricoltura Federico Caner, convinto che oggi questo mondo antico, aiutato a resistere e a diventare virtuoso con una sana distribuzione dei fondi dell’Europa, debba sempre più diversificare prodotti e rischi, e soprattutto aprirsi al turismo. E i prodotti della terra, quelli genuini, possono diventare un volano per l’economia turistica. “Sempre di più i turisti vogliono portarsi a casa il prodotto tipico piuttosto che la gondolina di plastica fatta dai cinesi - riassume Caner in una battuta -. Meglio portarsi a casa una soppressa o una bella fetta di formaggio”.
Info: www.venetorurale.it