
Alberto Pagani, esperto sicurezza
Professor Alberto Pagani, ex deputato del Pd ed esperto di sicurezza che ha redatto il rapporto per il Fondazione Einaudi, i discussi piani di finanziamento sono un’opportunità di militarizzazione o di sviluppo tecnologico?
"Bisogna stare attenti a interpretare questo passaggio. Non si tratta di riconversione militare per far fronte alla crisi industriali: un pensiero idiota. Perché il settore della difesa è molto più delicato dell’industria civile. Un sistema d’arma complesso ha una vita di più di 30 anni, durante i quali la catena di fornitura deve garantire la manutenzione ed upgrade tecnologico. Questi fornitori hanno una responsabilità verso l’Italia, mica possono vendere poi l’azienda ai cinesi e compromettere la sicurezza nazionale. Non stiamo parlando di una riconversione industriale della catena dell’automotive che si mette a fare i carri armati. Si parla di far crescere le capacità tecnologiche delle aziende che forniscono la Difesa e che poi possono essere trasferite all’industria civile".
Quindi lei guarda con ottimismo al piano di finanziamento europeo.
"Auspico un’adesione dell’Italia in chiave europeista, per investire ad esempio nelle nuove frontiere tecnologiche dell’intelligenza artificiale, dell’analisi dei dati, che poi cambieranno anche i settori più tradizionali dell’economia. Siamo sulla soglia di una nuova rivoluzione industriale, se non riusciamo ad agganciare questo cambiamento tutta la nostra economia rimarrà indietro. Le risorse del piano europeo sono un’opportunità da non sprecare. Poi è evidente che tra i Paesi europei ci sono visioni diverse e il piano è una mediazione".
In che senso ci sono ci sono visioni diverse?
"È ovvio che i paesi baltici, la Polonia e la Finlandia guardano con preoccupazione molto immediata alla minaccia militare russa. Quindi daranno priorità all’opportunità per acquisire armi e capacità militari immediate, ma lo faranno coi soldi loro come giusto".
E la Germania, invece, ha elaborato il piano per il proprio rilancio industriale?
"La Germania ha una visione da grande potenza industriale dove si vede ovviamente protagonista. Ma non può immaginare la difesa europea schiacciata solo sull’esigenza di riarmo. La mediazione del piano è tra chi pensa al riarmo e gli altri paesi fondatori, come Francia, Germania e credo l’Italia, che vedono l’opportunità di far crescere anche le proprie capacità industriali. Primo: l’autonoma strategica dell’Europea, non significa che dobbiamo uscire dalla Nato, che resta la base della difesa Europa, ma significa conquistare una capacità autonoma per difenderci anche da soli, e contribuire al meglio alla difesa collettiva. Secondo: dobbiamo progettare e produrre insieme tecnologie che soddisfano esigenze e requisiti comuni, anziché comprare i sistemi d’arma più complessi senza acquisire conoscenze tecnologiche".
Come l’indispensabile rete satellitare di bassa quota su cui Starlink di Elon Musk ha il monopolio?
"Preciso. In passato, per varie ragioni e sopratutto per non replicare gli investimenti americani, si è pensato di usare le loro tecnologie. Avere oggi in Europea una capacità di fare da soli, essere autonomi in questo settore, è invece una questione diversa dal passato e dirimente, perché sono le tecnologie abilitanti per far funzionare tutti gli altri sistemi. Se non sei autonomo sei dipendente, quindi non sei libero".
Dove siamo subalterni alla tecnologia americana?
"Lo Spazio. Perché L’Europa ha investito sull’orbita alta a fini scientifici e non su quella medio massa di interesse militare e anche commerciale. Adesso su questo siamo carenti. L’altro aspetto simile è la difesa missilistica. La capacità di proteggersi da attacchi aerei come ha dimostrato di saper fare Israele. Balistica e missilistica sono tecnologie che intrecciano gli aspetti di difesa e scientifici legati ai satelliti. Non dipendere da tecnologie altrui e investire in capacità hi-tech sono investimenti strutturali che consentono di sviluppare filiere industriali e trasferire tecnologie aldilà dell’aspetto militare".
Ma l’industria militare e hi-tech italiana italiana quanto vale in realtà?
"È un sistema ampio. Ci sono i due poli pubblici di Leonardo e Fincantieri, ma anche una grande capacità di industrie private medio-piccole di sviluppare tecnologie. Non siamo all’avanguardia su robotica e intelligenza artificiale nonostante la ricerca avanzata. Bisogna far in modo che i giovani non finiscano per spendere il loro sapere all’estero. Con progetti finanziati di ricerca applicata potremmo tenerli o riportarli in Italia".