Martedì 17 Giugno 2025
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Israele e i giorni dell’ansia. Guerra continua su tanti fronti. Il Pil soffre, i cervelli fuggono

Lo scontro con Teheran si somma a quelli già in atto con costi altissimi. Il peso economico e sociale scoraggia gli under 40 che ora lasciano il Paese

Israele e i giorni dell’ansia. Guerra continua su tanti fronti. Il Pil soffre, i cervelli fuggono

Roma, 16 giugno 2025 – Un Paese in guerra da decenni, dove la resilienza e la volontà di chi lo abita sembrano più forti di tutto. Però, il 7 ottobre ha determinato una linea spartiacque e questo attacco contro l’Iran ha determinato la nascita di una nuova fase, sociale ed economica, le cui conseguenze non sono ancora prevedibili.

LE MILLE FACCE DI ISRAELE

Non è facile parlare della società israeliana, soprattutto dal 7 ottobre in poi. Lo choc seguito all’eccidio di Hamas è accompagnato dalle manifestazioni contro il governo di Benjamin Netanyahu, che pure, da una parte della popolazione, compresa quella più critica, viene visto come colui che ha aperto concretamente fronti di guerra collegati, ma diversi fra loro. A questo si accompagna un misto fra stanchezza e resilienza proprio di chi sa che non è il momento di mollare. L’attacco contro l’Iran, percepito come la minaccia più concreta alla sopravvivenza dello Stato di Israele, ha compattato attorno al premier il consenso di chi vede nella Repubblica Islamica un pericolo che va oltre gli schieramenti con cui comunemente si descrive questa parte di mondo.

Prova ne sono le manifestazioni di esultanza nella parte est di Gerusalemme. Una zona a maggioranza palestinese, ma non per questo favorevole al regime degli Ayatollah.

Palestinesi cercano riparo durante un attacco israeliano al campo profughi di Bureij, nella Striscia di Gaza
Palestinesi cercano riparo durante un attacco israeliano al campo profughi di Bureij, nella Striscia di Gaza

UN FRONTE COSTOSO

La guerra di Teheran è diversa da quella a Gaza, anche dal punto di vista economico. Se fino a questo momento i livelli occupazionali e l’inflazione hanno tenuto il colpo, operazione contro il regime degli Ayatollah potrebbe essere diverso. La guerra a Teheran costerà miliardi di dollari. Quanti ancora è difficile dirlo. Proprio per questo motivo, il conflitto non potrà essere lungo. “Questa – spiega al QN Anshel Pfeffer, corrispondente dell’Economist da Gerusalemme – è una nuova fase, più costosa che potrebbe portare a un danno maggiore. Ma è davvero ancora presto per dirlo. Siamo appena al terzo giorno”.

L’altra differenza, rispetto a Gaza, sta nel fatto che questa volta si stanno fronteggiando due Paesi che distano 500 chilometri l’uno dall’altro. “Non è solo l’economia – continua Pfeffer – è proprio un tipo diverso di guerra. C’è un limite entro il quale dovranno tenersi entrambe le parti, e non può durare più di qualche settimana. Anche perché attorno a questo conflitto è più viva l’attenzione della comunità internazionale, a partire dai paesi limitrofi. E anche gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse per fare pressione affinché finisca presto”.

CHI VIENE E CHI VA

Rimane il fatto che, a partire dal 7 ottobre, le persone che lasciano Israele hanno iniziato ad aumentare, stanche di vivere sotto una minaccia costante che nessun accordo internazionale o progetto di normalizzazione è riuscita ancora a frenare. Secondo i dati ufficiali, nel 2023 sono stati 55.400 gli israeliani che hanno deciso di partire da Israele. Nel 2024 questa cifra è arrivata a 82.700.

Secondo il Jewish Policy Research, in questo momento il 6% della popolazione israeliana vive fuori dai confini nazionali. E non è solo un problema di quantità, ma anche di qualità. Stando alle statistiche ufficiali, l’81% degli emigranti nel 2024 è sotto i 40 anni. Il che significa, potenzialmente, una fuga di cervelli in un Paese, come Israele, che ha sempre puntato molto nell’attrarre giovani. A questi, va aggiunto il peso economico di chi se ne va. Oltre 1.000 milionari dal 2023 a oggi. Segno che una regione pacificata conviene a molti, anche a Israele.